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Yamagata-ishi - Pietra Montagna

Misure : 
Lunghezza
38 cm
 
Profondità 
15 cm 
 
Altezza 
15 cm

Provenienza : Liguria (Italia)

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Mon'yo-seki - Pietra Disegnata (Pattern Stone)

 

Misure : 
Lunghezza
 17 cm
 
Profondità 
  4 cm
 
Altezza 
 27 cm

Provenienza :
Yangtzee River - Cina

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Mon'yo-seki - Pietra Disegnata (Pattern Stone)

Misure : 
Lunghezza
11 cm
 
Profondità 
  4 cm
 
Altezza 
14 cm

Provenienza : non conosciuta
 
Si ringrazia Ezio Piovanelli

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Sugata-ishi - Pietra a figura umana

Misure : 
Lunghezza
4 cm
 
Profondità 
3 cm 
 
Altezza 
9 cm

Provenienza : Cache Creek - California ( Stati Uniti)

Pazienzacammino.jpg

Dobutsu-seki - Pietra a forma animale

Misure : 
Lunghezza
9 cm
 
Profondità 
6 cm
 
Altezza 
7 cm

Provenienza : Deserto del Gobi (Cina)

Ninnananna.jpg

Sugata-ishi - Pietra Figura Umana

Misure : 
Lunghezza
  8 cm
 
Profondità 
  8 cm
 
Altezza 
16 cm

Provenienza : Liguria (Italia)

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Dobutsu-seki - Pietra a forma animale

Misure : 
Lunghezza
13 cm
 
Profondità 
  5 cm
 
Altezza 
  9 cm

Provenienza : Liguria (Italia) 
 
 

Il messaggero

di Daniela Schifano

Nel colore di un'alba incerta, sospesa tra la luna ed il sole, immagino un’aquila, immota, osservare il suo regno: forte della sua formidabile vista, impettita e resa ancora più regale dal soffio del vento che le alza le piume, scruta ogni piccolo anfratto alla ricerca di incaute prede, mentre il cielo la invita a cavalcare le nuvole.Lontana, nitida e incontaminata, la vetta del Fuji sovrasta la scena : è il mondo della serenità che il sacro monte ispira, punto di riferimento costante, anche nei momenti di tempesta, per una umanità immersa nelle consuetudini del quotidiano.



Fra le terre di Kai e quelle di  Suruga lambita dalle onde
sta la vetta del Fuji.
Gli alti cirri osano appena avvicinarsi,e mai volano fin lassù gli uccelli.
Il ghiaccio raggela irosi incendi e il fuoco distrugge la caduta neve.
Vano è cercar parole, non v'è un nome degno di lui.
Che sia un misterioso kami?
(Mushimaro, VII secolo d.C.)

 

Montagna unica, il Fuji : per altezza, la più alta di tutte le terre limitrofe; per posizione, isolata ed incontrastata nel paesaggio circostante; per visibilità, la si intravede fin dai lontani territori della terraferma continentale; per linea, pura ed elegante, un perfetto tronco di cono; per tipologia, vulcano attivo quindi vivo.

Montagna sacra per lo shintoismo: Yama no Kami, sede degli spiriti, dei ancestrali della montagna, poi personalizzati nella divinità di Konohana Sakuya, discendente da Izanagi ed Izanami, la coppia divina primordiale generatrice dell’arcipelago delle isole.

Montagna sacra per il taoismo: sulle sue pendici è sepolto il monaco Hsu fu (in giapponese, Jofuku), che, inviato dall’imperatore cinese Shi-Houang (Saiko) nel 221 a.C.,  diffuse questa dottrina nel Giappone.
Montagna sacra per il buddismo: simbolo religioso, connesso con la vita e la morte. Nel Nihon ryoiki (VIII/IX secolo) viene riportato come l’eremita buddista, En no Shokaku, durante l’esilio nell’isola di Oshima, accusato di stregoneria, di notte ascendeva al sacro monte per meditare.

Il rapace sembra percepire, in un rapporto autentico con la bellezza, il sacro della montagna,  ma l’aquila stessa è  nella storia e nel tempo simbolo della volontà e del potere divini. Imponente, maestosa e fiera, capace di raggiungere altezze vertiginose in brevissimo tempo, per poi picchiare con inaudita velocità e padronanza verso pareti a strapiombo, quasi a voler dimostrare la sua superba autorità, capace di muoversi nel cielo senza battere le ali, di vedere cose minuscole da grandissima distanza.

Posata oppure in volo, l’aquila affascina l'uomo, sia nella fantasia, che nell'inconscio : sguardo profondo magnetico e potente, portamento fiero ed eretto, quel becco, e quegli artigli, che solo un superbo predatore possiede, ali magiche, capaci di voli strabilianti. Il suo segreto e' la forza, la sicurezza di sé, la bellezza, l'arte del volo, l'armonia, la prontezza di riflessi, il trasformismo magico della predazione.

 

Dal saettare dall’alto in basso dell’aquila che scende a ghermire la preda al saettare repentino del fulmine  : l’antica leggenda vuole che l’aquila sia l’unico uccello al quale il fulmine non può nuocere.  Quindi la sua pertinenza con le regioni superiori dell’aria, con il sole e con il fulmine ne fanno simbolo della volontà e del potere divini, mentre il volo alto, sicuro, dritto e veloce la rendono il messaggero degli dei, da Zeus fino alla iconografia cristiana che spesso rappresenta gli angeli  con ali d’aquila.

Non a caso quindi questo rapace e' stato utilizzato nella storia come simbolo di potere  : dall’aquila uccello di Zeus, suo messaggero o sua metamorfosi, all’aquila imperiale romana, simbolo primario dell’impero romano (e quindi di quello bizantino e romano-germanico), il sacro volatile è simbolo di potenza, di sapienza (vista acutissima, fino a guardare il sole) e di giustizia, che può innalzare nell’apoteosi o scendere piombando sul reo come il rapace sulla sua preda.

E ancora, lo sciamano delle culture centroasiatiche ed amerinde è letteralmente figlio dell’aquila : si adorna delle sue piume per volare in cielo, per scendere negli inferi e per evocare i morti. Presso gli indiani delle praterie americane, le penne d’aquila sono ornamento del diadema dei capi e un  bastone alla cima del quale è legata una penna d’aquila è considerato medicina contro le infermità.

Questo è quello che l’aquila ha significato nel tempo e tra diversi popoli per l’uomo; ma io ancora voglio immaginarla, con la sua grande e inconfondibile sagoma uscire all'improvviso da orizzonti di rocce e canaloni, per poi planare, oppure volteggiare, con le ampie ali : io guardo una pietra e vedo un’aquila, nel gioco dell’immaginazione che lascia spazio all'animo ed alle sensazioni per passare rapidamente ad una comunicazione interna che è libera, quasi come un lieve vento, che fluisce da una forma appena accennata verso una interpretazione che non è solo mentale.

Al di là delle parole, delle spiegazioni, delle motivazioni, questa è, per me, la magia del suiseki.
 

 (Pubblicato sul numero di Gennaio 2009 del "Bonsai & Suiseki magazine")

Una pulizia difficile

di Fabrizio Buccini

La pulizia di una pietra è una delle fasi più interessanti del percorso che porta "un semplice sasso" a diventare uno stupendo Suiseki. Possiamo trovare delle pietre che hanno bisogno solo di una semplice spazzolata manuale ed un passaggio in acqua corrente per essere pronte al periodo di invecchiamento, sono già siglate, il nostro occhio ha individuato immediatamente le peculiarità. Possiamo trovare pietre che lasciano intravedere la loro forma definitiva ma in alcuni punti sono molto sporche e durante la pulizia si spera che sotto questo strato non ci giochino brutti scherzi, ma anzi, ci riservino qualche sorpresa in positivo. Possiamo trovare pietre quasi com­pletamente nascoste, che raccogliamo basandoci un po' sul nostro intuito, che migliora con gli anni, o con una grande dose di... fortuna!!!
Sento spesso affermare che la pulizia di una pietra, oltre ad essere in alcuni casi molto difficoltosa (vero!!!), è noiosa e fastidiosa; io ritengo che non sia così: è un momento molto importante ed intimo che il "suisekista" vive con il suo "gioiello", come un bonsaista quando imposta la pianta con il filo di rame per avere in futu­ro uno splendido bonsai.

Metodi di pulizia

Su come pulire una pietra si fa un gran parlare, acidi vari, sabbiatrici ecc..., metodi che rendono l'operazione di togliere Io sporco dalla pietra, sicuramente più velo­ce, ma portano via anche la parte superfi­ciale della stessa (pelle), fondamentale per l'aspetto finale dei suiseki.

Io, come molti altri appassionati, prefe­risco e consiglio di impiegare molto più tempo con varie spazzole in acciaio appli­cate sul trapano e sul dremel per asporta­re lentamente lo sporco, anche nelle zone più difficili, piuttosto che infierire, in maniera irrimediabile sulla pelle della pietra.

Adesso passiamo, con l'aiuto di alcune foto, all'esempio pratico di una pulizia molto difficile:

 

Pietra sporca

Pietra sporca - fronte Montagna con canalone - lunghezza cm 28 - larghezza cm 22 h cm 14

â–ºPietra sporca base â–ºParticolare pietra sporca
â–ºInizio pulizia parte destra della pietra.
Si comincia a vedere la zona montuosa a destra      
del canalone centrale.
â–ºInizio pulizia parte sinistra della pietra.
Si notano i segni della spazzola che toglie lo sporco
e scopre il grigio scuro della pietra.
â–ºParte inferiore, stesso discorso,
si comincia a vedere il colore della pietra.                
â–ºFronte della pietra bagnata.
Si evidenziano così i punti ancora da pulire (tanti!!!)

Come si può vedere nella foto sotto, la prima pulizia si è limitata a togliere il grosso, adesso bisogna insistere sui particolari, evidenziare cioè, le cime, i canali e le zone più inaccessibili.
Per fare tutto ciò, bisogna insistere con la spazzola grande (nella foto in basso a sinistra) e con piccole spazzole di diverso tipo per evidenziare ed entrare nei dettagli (vedi ultima foto).
 
â–ºRetro della pietra
 
   

â–ºSpazzola in acciaio montata su trapano

â–ºPietra vista dall'alto

 
â–ºSpazzola in acciaio a tazza piccola montata su Dremel
 

Questa pietra è chiaramente un esempio estremo di difficoltà per quanto riguarda la pulizia, sia per l'impossibilità di raggiungere i numerosi angolini con lo sporco, sia per la durezza dello stesso.

Alla fine del precedente articolo ero giunto ad ottenere una pulizia sommaria che lasciava scorgere la struttura di massima della pietra, con i suoi anfratti, canali ed in particolare il profondo canalone centrale che divide i due gruppi montuosi, nel quale scorre un piccolo fiume, che va a formare un laghetto, come si vede nelle prime fotografie.

Adesso è arrivato il momento della pulizia dei particolari, la più difficile e lunga, usando piccoli accessori applicati al "dremel".
E' necessario far ricorso a tutta la pazienza a disposizione ed insistere, cercando di togliere più sporco possibile, senza alterare e compromettere la "pelle" di questa pietra.
 
La pietra bagnata dopo l'ennesimo intervento di micropulizia evidenzia un risultato non ancora completamente soddisfacente, ma con qualche ora di ulteriore intervento sarà quasi perfetto.
 
Tutto questo senza distruggere e quindi conservare uno degli elementi fondamentali di un Suiseki : la "pelle".
 
â–ºStesso particolare con vista longitudinale
 
â–ºFronte dopo un'ulteriore pulizia con spazzola
e trapano                                                 
â–ºParticolare del canalone con laghetto

â–ºPiccolo accessorio

â–ºPiccolo accessorio a tazza

 

Siamo già a buon punto

 

 

 

 

 

 

â–ºQui sono focalizzati i punti dove è necessario
ancora intervenire

 

 

 

 

 

 

â–ºLa situazione è nettamente migliorata

â–ºVista dall'alto 

 

 

 

 

 

â–ºParticolare canalone  

 

 

 

 

â–ºFronte

  

 

Pubblicato sui numeri 51 e 52 - 2006 di

   
   
 

Una pietra importante

di Fabrizio Buccini

Sono poche le pietre che un appassio­nato collezionista considera "importanti", questa di cui vi sto per parlare è una di quelle. Importante significa che fin dal primo momento provoca delle sensazioni particolari, ti rendi conto che quel ritrova­mento è qualcosa di speciale. La avvolgi con cura, quasi vorresti avere dietro un trapano con una spazzola in acciaio per poter pulire subito lì, sul greto del fiume e la immagini con il suo daiza là in bella mostra al centro della tua collezione. Importante è perché la fotografi più delle altre, perché progetti il daiza in maniera meticolosa, dai bordini ai piedini, e quan­do lo carteggi e lo incidi non hai fretta, fai tutto lentamente ed accuratamente, perché ritieni che quel giorno, in quel momento, la natura ti ha voluto donare qualcosa di veramente bello.

Adesso vi descriverò nel dettaglio le varie fasi riguardanti la lavorazione del daiza per questa stupenda pietra altopiano a tre gradoni principali di grandezza diversa. Come si può osservare dalle foto la base è molto irregolare, occorrerà quindi un blocco di legno di diversi centimetri, dove alloggiare la pietra.

Pietra altopiano, altezza cm 12, larghezza cm 18, lunghezza cm 32; pietra sporca prima della pulizia

Daiza grezzo.
Ho usato un blocco di legno di ciliegio molto alto.
Prova della pietra nel suo alloggiamento.
 
Daiza sgrossato con i bordi che seguono
l'andamento della pietra.
Nuova prova della pietra.
 

Daiza sgrossato visto da angolazione diversa

 
Daiza dopo la prima carteggiatura; ho costruito un bordino che a mio modo di vedere lo rende molto affascinante. 
Da notare, però, la pesantezza di questa base : 
è necessario alleggerire la parte destra.
 
Ho migliorato la parte destra e risulta 
visibilmente meno pesante.
 
 
   
Particolare dei piedini di uguale dimensione e disposti nei punti di forza della pietra.
Parte inferiore del daiza dopo la prima verniciatura e la seconda carteggiatura.

Daiza visto frontalmente

Ecco come si presenta il lavoro terminato

 

Fronte in primo piano

Stessa inquadratura, però fatta all'interno, che esalta il colore scuro della pietra.
E' finalmente pronta per una straordinaria "vita da suiseki".

(Pubblicato sul numero 50 - 2006 di "Bonsaitalia - ARTE E NATURA")

   

 

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